Volontariato

Se l’Italia torna in bocciofila

Una sentenza di questo tipo sulla bocca di un indefettibile liberal come Ernesto Galli Della Loggia fa sensazione

di Giuseppe Frangi

Italia è orfana del cattocomunismo. Una sentenza di questo tipo sulla bocca di un indefettibile liberal come Ernesto Galli Della Loggia fa sensazione. Perché un intellettuale come lui, poco propenso a sincretismi ideologici e politici, dalle colonne del principale quotidiano italiano, si è sentito in dovere di rendere pubblico un simile giudizio e quasi un senso di nostalgia per quell?esperienza ormai esaurita? C?è un impeto quasi pasoliniano nell?analisi che suggerisce: il tessuto di dialogo e di costruzione sociale assemblato da cattolici e sinistra aveva costituito il volto, il dna del paese per interi decenni. Personaggi simbolo come don Milani o Berlinguer parlavano, da fedi diversi, un linguaggio comune; erano espressione di un ?essere popolo?, che veniva ancor prima della rappresentanza dei rispettivi interessi. C?era un tessuto di valori che teneva legati gli uni e gli altri e che dava luogo a un vissuto omogeneo al di là delle sfaccettature e delle dialettiche. Galli lo lascia intendere, ma era un?Italia che aveva la tenuta sociale tra le proprie priorità, che vedeva le diverse appartenenze come una ricchezza prima che come elementi destabilizzanti di conflitto. Un?Italia che si preoccupava di tenere canali di dialogo sempre aperti: in ciò era sempre decisiva la condivisione di esperienze concrete, lo stare gomito a gomito nell?impegno sociale.
Quell?esperienza si è esaurita e sul campo sono rimasti una sinistra attratta da un?etica individualista di impronta liberal e un cattolicesimo minoritario, arroccato nella difesa di valori, magari giusti, ma chiusi nell?angolino dalla storia. Questo il quadro tracciato da Galli Della Loggia, che può peccare di semplificazioni, ma nel quale è difficile non riconoscere i contorni dell?Italia in cui viviamo. Ci si può difendere, si può dire che qua e là ci sono nicchie che sfuggono a questo risucchio. Ma sarebbe disonesto non ammettere che la sinistra oggi è fortemente segnata da un vissuto individualista e che il cattolicesimo ha perso la sua grande e connaturale capacità di parlare alle maggioranze.
Sono due soggetti a loro modo sconfitti, che hanno lasciato per strada qualcosa di importante e di vitale: chiamare questo qualcosa ?cattocomunismo? aiuta a rendere l?idea, a non scappare dalla questione. Oggi quel terreno intermedio è terra inerte, dove si consumano violenti quanto sterili conflitti su questioni pur decisive, come la vita, la bioetica e altre sfide connesse. è terreno di un radicalismo improduttivo e isterico che rischia oltretutto di avvelenare quel po? di tessuto sociale che ancora tenacemente resiste.
Perciò si deve avere il coraggio di una sorta di ricominciamento. La sinistra deve riconoscere che l?individualismo imboccato è un vicolo cieco, che rende ostaggi delle mode e della dittatura dei desideri indotti dai consumi. I cattolici devono capire che una coscienza etica non attecchisce a forza di dispute cattedratiche o campagne di opinione: se non si radica su una rinnovata vitalità sociale è destinata a restare un?etica ?in provetta?. Il cattocomunismo è ormai esperienza da libri di storia, ma una cosa ancora la può insegnare: che la partita vera la si gioca nel sociale. Tom Benetollo, il grande amico e presidente dell?Arci di cui in questi giorni ricorrono i due anni dalla morte, faceva sempre l?esempio delle bocciofile: le considerava un tesoro di socialità, senza il quale l?Arci stessa sarebbe stata un?utopia. Che l?Italia abbia bisogno di trovare l?equivalente di quelle bocciofile?

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